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CITAZIONE (RM72 @ 11/5/2018, 19:56) CITAZIONE (spoloff @ 10/5/2018, 22:13) Wilier Triestina era proprio una parte della Parilla, non un committente. Inizio anni 50 (o 51 o 52) Parrilla comprò Wilier Triestina che naturalmente continuò a fare bici e in più nella fabbrica Wilier venivano fatti i telai, forcelloni, manubri...delle moto Parilla (marchiate proprio Parilla) insomma la ciclistica delle moto Parilla veniva fatta alla Wilier e poi i pezzi andavano a Milano per essere data la vernice finale ed essere assemblati. Quindi non mi stupisce se qualche motore del Parillino faceva il percorso inverso In USA vorrei solo aggiungere che Rottigni in sella a moto Parilla ha insegnato agli americani come si guida una moto da corsa Vittorie a nastro e vendite a manetta! A quale titolo le due aziende collaboravano non lo so, probabile sia come dici, ma nonostante la Parilla sia stato un marchio prestigioso con grandi numeri e vero costruttore di moto, ha fallito e chiuso i battenti negli anni 60, mentre la Wilier Triestina è tutt'ora attiva (e anche più vecchia come azienda, dal 1906!). Quindi i casi sono due, ho quando la Parilla è entrata in crisi (immagino anche lei come Guazzoni, Devil, Rumi e altri per via dell'Argentina o sud america in genere in concomitanza della crisi motociclistica Italiana) ha deciso di rivendere il marchio oppure non era di completa proprietà Parilla ma solo partner e quindi meno coinvolta nel fallimento al punto di salvarsi. So che il fallimento Parilla (come quello Guazzoni, di cui conosco abbastanza i dettagli) ha lasciato parecchi debiti presso i principali fornitori, al punto che il riutilizzo dei marchi (entrambi molto prestigiosi) risulta tutt'ora problematico se non con qualche escamotage di ragione sociale o di logo e comunque con molti vincoli. La Parilla in USA ha veramente avuto un grande successo ma non è bastato a salvarla. Non so a livello societario la "formula" con cui moto Parilla aveva acquistato Wilier; quanto scritto sopra venne fuori durante una chiacchierata con Achille Parrilla. Credo (ma dovrei verificare) che ci sia traccia della cosa anche nel bellissimo libro scritto dai figli di Parrilla e da Bruno Baccari. Sul web ho dato un occhio al sito ufficiale Wilier e alla storia lì parla che dal 52 Wilier era in pratica diventato il reparto corse della Parilla prima di arrivare al fallimento. https://www.wilier.com/story/it/#https://b...ine-di-unepopeaSe un marchio, rientra in una procedura fallimentare non è che non può essere più usato. Non so come funzionava nei 60; ora quando una società fallisce prima si cerca di vendere tutto il "pacchetto" abbassando la cifra se le aste van deserte. Dopo più tentativi falliti la società viene "spacchettata" e ogni cosa che può avere importanza economica viene venduta "al pezzo". Il marchio è un "pezzo". Dopo più tentativi si può addirittura arrivare all offerta libera. I creditori da un fallimento beccano poco/nulla. Classico esempio moderno sono le società di calcio. Fallisce la società storica, società va all asta, debiti a nastro, nessuno compra la società, società "spacchettata", possibilità di acquistare singolarmente il marchio, la coppa tot, ecc. Parallelamente al fallimento della società storica: viene fondata una nuova società che riparte dalla c1/c2 con un altro nome, fa la squadra, vince campionati minori, dopo qualche anno che l iter giudiziario fa il suo corso la società "nuova" acquista il marchio storico e torna ad avere il "vecchio" nome. Per esempio la Fiorentina quando fallì diventò in c2 "Florentia Viola" per poi tornare ACF Fiorentina quando riacquistò il solo marchio. Stessa cosa fece il Napoli e tutte le altre società con problemi fallimentari.
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