Ciao,
scusa, ma c'è una imprecisione storica,
dici che la Moto Guzzi mise in vendita un 50ino 5 marce quando la Minarelli aveva ancora solamente un 4 marce,
ma non è vero
.
Il motore motore Minarelli P6 con cilindro in ghisa, venne presentato addirittura al Salone di Milano del 1968,
e l'anno successivo venne presentato la versione Competizione con cilindro Alumac in alluminio e canna riportata in ghisa, a prigionieri larghi .
Tanto per dare un'idea già nel 1969, l'Aspes, a richiesta poteva montare sui Cross Special 69 e sui CS'70 il motore Minarelli a 6 marce.
Poco dopo anche la Fantic Motor propose su richiesta il motore a 6 marce sui primi Caballero TX90.
Contemporaneamente anche la Mondial adottò questo motore per il suo Cross6V.
Inoltre, sempre al Salone del Ciclo e Motociclo di Milano, nel 1969, venne presentato il motore Franco Morini Turbo Star 5 marce, e montato da li a pochissimo, su Malaguti Cavalcone, Villa Cross, Cimatti Kaiman 5V, ecc.
Il Moto Guzzi Cross, arrivo solo nel 1972,
quando Alejandro De Tomaso, rilevo' i marchi Moto Guzzi e Benelli Motobi.
De Tomaso, fece una rivoluzione in questi marchi, con molta innovazione nei modelli, ma con risultati altalenanti.
Nel caso del nuovo Cross Moto Guzzi, proposto anche con il marchio Benelli,
facero un progetto completamente nuovo, cercando di far dimenticare il vecchio Dingo Cross, che aveva dei grossi limiti, dovuti al fatto che non era un vero 50ino da fuoristrada.
Infatti era stato realizzato sulla base di un 50ino stradale, per di piu' partendo da un motore che in origine aveva solo 3 marce comandate a manopola.
Ma all'epoca del Dingo, la Moto Guzzi era a rischio fallimento, quindi gli investimenti erano tutti controllati, dato che era passata sotto il controllo della SEIMM, una società con pertecipazione statale, creata ad hoc per cercare di superare la crisi e salvaguardare la ditta dalla chiusura e salvare i posti di lavoro.
Sul nuovo cross Moto Guzzi/Benelli fecero un ottimo lavoro, i tecnici chiamati da De Tomaso, ma fu un'opera un po' incompleta, e non sviluppata adeguatamente nel corso della produzione.
Avrebbero potuto osare di piu' già all'inizio. Ed infatti il mercato fu sempre un po' tiepido con questo modello.
Aveva buon telaio, un buon motore, una estetica accattivante, ma manco' sempre un quel qualcosa in piu', che avrebbe potuto creare un 50ino piu' appetitoso per l'epoca,
e che sarebbe potuto diventare un mito per i posteri, al pari di 50ini prodotti da ditte molto piu' piccole.
Per esempio quella termica un po' sotto dimensionata rispetto alla concorrenza nella prima serie , in cambio a 5 marce, per di piu' con l'anacronistico comando a destra con la prima in alto,
non lo ponevano proprio fra i sogni di tutti ragazzini dell'epoca.
Sicuramente arebbe bastato, la partecipazione ufficiale alle gare di regolarità, con un mezzo migliorato, e l'immagine di questo 50ino giunta fino a noi sarebbe molto diversa, adottando varie migliorie nel tempo.
Il fatto è che De Tomaso, guardava giustamente , ma forse troppo, al ricavo immediato , e pur partendo da idee buone, poi viveva un po' di rendita e questa filosofia poi nel tempo è stata controproducente.
Dai 4 e 6 cilindri copiati dalla Honda, con solo qualche piccole varianti, ma con accessori e componenti di qualità non buona,
a bicilindrici 2 T con predisposizioni per lubrificazioni separate mai realizzate, a lamieratio di Mini 90 e 120 che marcivano a Maserati Biturbo, dalla meccanica inaffidabile e carrozzerie che marcivano.
Anche i ciclomotori dell'era De Tomaso hanno ahimè, subito questa filosofia, e furono praticamente un'opera incompiuta.
La stoffa c'era, l'idea era buona, ma non ci fu un sarto che perfezionasse nel tempo l'idea.
Si guardava molto al cassetto, cosa controproducente,
cosa che poi a portato all'epilogo che sappiamo.